mercoledì 11 febbraio 2015

Manifestare semplicemente ciò che si è...

"Vuoi essere un grande? Comincia con l’essere piccolo.
Vuoi erigere un edificio che arrivi fino al cielo?
Costruisci prima le fondamenta dell’umiltà".


Sant’Agostino



C'è un vecchio racconto zen che parla di un governatore giapponese in visita ad un monastero per conoscere un famoso maestro. Arrivato a destinazione il governatore chiede un colloquio con il maestro facendo precedere il titolo al proprio nome.
Il maestro rifiuta però di incontrarlo e manda a dire che il governatore non esiste e quindi non è disposto ad accoglierlo. 
Il notabile ricevuta la notizia capisce e chiede di nuovo un colloquio con il maestro facendosi annunciare questa volta solo con il proprio nome. 
Il monaco allora lo accoglie senza indugio...

Lee Jeffries è un fotografo inglese che rappresenta, con immagini di sconvolgente intensità, un problema di tutta l'umanità: gli esseri umani che vivono in strada senza un tetto sotto il quale ripararsi. La foto che vedete è sua.

Qual è il legame tra l'uomo rappresentato in questa foto ed il governatore in visita al maestro zen?

Quest'uomo non solo non ha casa né denaro, ma non ha titoli né cariche.
Il Governatore ha benessere e ricchezze ed una solida cultura.

Entrambi sono Persone.

A SempliCity l'essenza di una persona non è rappresentata dai ruoli professionali ricoperti, dai titoli accademici o dalle cariche. 
L'essenza di un uomo è scritta nelle linee tracciate dalla vita sul suo volto, dalle esperienze che raccontano la sua storia personale, le persone che ha incontrato, i colpi che ha ricevuto, i pensieri che ha avuto; dall'inequivocabile luce che emerge dagli occhi, che racconta il suo stato d'animo di oggi, i sentimenti che ha provato ieri, e l'altro ieri, la forza o la debolezza, il coraggio o la paura, l'energia spirituale o l'assenza di spiritualità, l'ironia o la  serietà, la sincerità o la  menzogna, la sensibilità o la durezza. 

Manifestiamo agli altri semplicemente ciò che siamo. Verrebbe da dire: presentiamoci "spogliati" dei formalismi agli occhi degli altri. Che sia un amico, il compagno di vita, la persona che ci piace e che vorremmo frequentare, un conoscente. Presentiamo la nostra "nuda verità". 
Il monaco zen rifiuta di ricevere il governatore perché antepone il suo ego alla sua essenza. Ed il monaco non intende dialogare con una carica ma con una Persona, alla pari, da cuore a cuore, da anima ad anima.

Quante volte abbiamo utilizzato la nostra posizione, il nostro potere, i nostri titoli per definire noi stessi rispetto agli altri? Quante volte ci è stato chiesto di cosa ci occupiamo o che studi abbiamo fatto, piuttosto che, semplicemente, chi siamo, cosa ci piace fare, cosa abbiamo fatto di interessante nella vita, guardandoci dritto negli occhi?

Provate a descrivere voi stessi con le vostre passioni, le vostre esperienze, i vostri sentimenti, le vostre debolezze, piuttosto che costruire un'immagine basata sulla vostra posizione in società. 

Se le parole sono coerenti con le nostre "rughe" e con la "luce" del nostro sguardo gli altri faranno lo stesso e si adegueranno e sarà possibile comunicare tra Persone, cuore a cuore, anima ad anima...

(Foto: Foto di Lee Jeffries, "http://no-miedo.blogspot.it/2012/06/il-volto-degli-ultimi.html")

Autore: Lorenzo Grasso




giovedì 29 gennaio 2015

SempliCity On Air


"La radio tocca tutti intimamente e personalmente: il suo aspetto più immediato è un'esperienza privata".

Marshall McLuhan, Gli strumenti del comunicare, 1964


SempliCity è sbarcata in radio.
Grazie all'amico Stefano Cera, speaker della web radio Radio Godot nonché Esperto di Mediazione e navigato Formatore (la sua società, Action Training Network Srl, è attiva nel settore della consulenza e formazione) ci ha dato la grande opportunità di parlare di noi in radio e di illustrare scopi e spirito del blog.

In un clima gradevole e informale, abbiamo raccontato la Semplicità attraverso musica, esperienze personali, film e libri. 

Potete riascoltare il podcast della trasmissione tramite questo link:

Vi invito a seguire Stefano sul suo blog, http://formamediazione.blogspot.it/, e, naturalmente, ad ascoltare ancora Radio Godot e le sue dirette, all'indirizzo web www.radiogodot.it 

Grazie Stefano, Grazie Radio Godot, per averci regalato questa splendida esperienza!!!

E grazie a chi crede nella Semplicità e ci segue su questo blog...

Autore: Lorenzo Grasso

domenica 25 gennaio 2015

Il mondo è semplicemente meraviglioso Parte 2





"Io non capisco i grandi. Perché coprono la luce del sole, tolgono i fiori dalle piante per lasciarli marcire in un vaso e chiudono in gabbia gli uccellini? Perché hanno dipinto ogni cosa di grigio ed hanno riempito il cielo di antenne e ciminiere?
Io non capisco i grandi. Perché hanno messo un nome difficile alle cose semplici?"

Eric De La Parra Paz






"What a wonderful world". 
Una visione che ricorda molto quella dei bambini: loro ti costringono alla semplicità.
Nel loro mondo tutto è meraviglioso e merita stupore: i fiori, un cane che corre, un gatto che gioca con l'erba.
E non puoi che accogliere questo stupore, questo senso di meraviglia. Affrontarlo con la tua serietà di adulto, con le tue parole di adulto, con i tuoi pregiudizi di adulto, ti allontanerà immancabilmente da lui.
E questa visione della vita merita il nostro sforzo di adattamento.

Nei primi mesi di vita parlano il linguaggio immediato del corpo e noi non possiamo far altro che semplificare al massimo la nostra comunicazione adeguandoci: l'unico messaggio davvero comprensibile diventa la nostra presenza fisica e la loro risposta è una sensazione di benessere ed un sorriso. C'è qualcosa di più semplice? 
Poi i bambini crescono. Ci hanno ascoltati nel primo anno di vita e cominciano ad elaborare un loro personalissimo codice linguistico fatto di parole e gesti. Pochi e semplici. Per farci capire, per far loro capire, per capirli ci viene in soccorso il principio di riduzione: cosa dire e come dirlo? Andiamo all'essenza. Ci facciamo piccoli piccoli, ci abbassiamo alla loro altezza, li guardiamo negli occhi, li abbracciamo e li baciamo per trasmetter loro il nostro Amore.
La sera, quando torniamo dal lavoro, ci portano un disegno. Forse non è chiarissimo il significato: le linee si intrecciano formando profili incerti, magari un drago, un dinosauro, noi...Non si sa. Ma se vuoi dare il giusto riconoscimento a quel gesto di puro affetto, non puoi far altro che prenderlo, senza analizzarlo, studiarlo, valutarlo. Ci basterà dire: "Grazie, non so cosa sia, ma grazie. Anche io ti voglio bene e sono felice di vederti". Semplicità.

Quando la porta di casa si chiude inizia una nuova fase: dimentichiamo il lavoro e ci immergiamo nel gioco. Abbandoniamo gli schemi adulti. Se vuoi divertirti con un bambino e farlo divertire non puoi che tornare bambino, senza pregiudizi, senza ansie, senza inutili cerebralità. Semplicità.

Quando vogliono qualcosa non fanno altro che applicare il principio cristiano: "Chiedi e ti sarà dato". Se vogliono un giocattolo, un oggetto, una pietanza particolare, semplicemente chiedono.

Se vogliono esprimere i propri sentimenti di rabbia e frustrazione per un nostro no o per un rimprovero, sbattono i pugni o piangono; e se vogliono farti capire quanto ti amano, semplicemente ti abbracciano.

I loro perché ci spingono ad elaborare un linguaggio essenziale, asciutto ma evocativo. "Perché un animale muore? Perché il sole è in cielo? Perché le persone si arrabbiano?"

Se vuoi essere davvero alla pari con un bambino non puoi parlargli dall'alto del tuo "grattacielo": abbassati al suo livello e parlagli francamente.

Quando cammini con tuo figlio non sei tu a decidere il ritmo ma lui. Non puoi risolverla superficialmente mettendolo in un passeggino o chiedergli scorrettamente di aumentare il suo. Sei tu che devi adattarti, rallentare, seguirlo. 

Qui a SempliCity siamo convinti che la Semplicità sia uno stato mentale e che sia come un bambino.

Se vuoi essere semplice e farti comprendere, non gli altri ma tu devi cercare di adattare il tuo linguaggio al livello che il tuo interlocutore ed il contesto richiedono;
se vuoi essere semplice devi chinarti un pò, abbassarti, all'altezza di chi ascolta, di chi legge...devi rallentare il tuo ritmo. 
Non puoi modificare il mondo o le persone con cui interagisci: ma puoi modificare il tuo stato mentale, puoi usare la semplicità per gestire una realtà complessa e per ridurre o eliminare le tue "complicazioni" di adulto.


Autore: Lorenzo Grasso

(Video Youtube: https://www.youtube.com/watch?x-yt-cl=84503534&v=tSDGWm8wF8o&x-yt-ts=1421914688)


sabato 24 gennaio 2015

Il mondo è semplicemente meraviglioso Parte 1


"Vedo alberi verdi, anche rose rosse 
Le vedo sbocciare per me e per te 
E fra me e me penso, che mondo meraviglioso 
Vedo cieli blu e nuvole bianche 
Il benedetto giorno luminoso, la sacra notte scura 
E fra me e me penso, che mondo meraviglioso 
I colori dell'arcobaleno, così belli nel cielo 
Sono anche nelle facce della gente che passa 
Vedo amici stringersi la mano, chiedendo "come va?" 
Stanno davv
ero dicendo "Ti amo" 
Sento bambini che piangono, li vedo crescere 
Impareranno molto più di quanto io saprò mai 
E fra me e me penso, che mondo meraviglioso 
Sì, fra me e me penso, che mondo meraviglioso"

Louis Armstrong

Louis Armstrong era un uomo semplice. Satchmo (questo il suo soprannome) è stato uno dei più grandi trombettisti jazz di tutti i tempi. Aveva un talento straordinario ed una grande fiducia nelle proprie qualità, ma era anche un uomo modesto, cordiale, sempre allegro. E questo, nonostante le sue umili origini: nacque in una famiglia molto povera di New Orleans dove trascorse anche i primi anni della sua infanzia e si appassionò subito a quella musica che allora si chiamava "ragtime". La sua giovinezza non fu facile e finì in riformatorio giovanissimo. Nonostante tutto però, Armstrong considerava quegli anni come un'importante e ricca esperienza e grande fonte di ispirazione. In un'intervista Armstrong dichiarò: “Ogni volta che chiudo gli occhi per soffiare nella mia tromba, guardo nel cuore della buona vecchia New Orleans... Mi ha dato qualcosa per cui vivere". La sua famiglia aveva poco di che vivere ma aveva un grande dono: era ottimista e seppe trasmettergli una visione del mondo positiva che lui seppe raccontare al mondo in modo straordinario attraverso tutto il profondo sentimento maturato nel periodo di vita trascorso "nella strada" ed una grande, grandissima finezza musicale. 

"What a wonderful world" non è il pezzo migliore del buon Satchmo. Ma esprime con potenza tutto quello che lui era e la sua mappa del mondo. La realtà è quella che noi vediamo e lui la vedeva così. Quest'uomo si sorprendeva per cose semplici, non dava per scontata la bellezza della vita: "Benedetto" è il giorno e "luminoso" e la "notte scura" è "sacra". Ed è una visione semplice, pura e per questo tanto commovente, tanto capace di superare il tempo e potersi considerare un pezzo ancora oggi universale, virale, potente.

Che mondo stupendo! Questa è l'essenza della semplicità... 

Questa canzone ci ricorda che il mondo non è un'entità oggettiva: la realtà è quella che esiste nella nostra mente, quella che abbiamo costruito attraverso le nostre esperienze e le emozioni ad esse collegate ed attraverso i nostri pensieri e le nostre parole. Mutuando la frase finale del film "Oltre il giardino", con Peter Sellers, "la vita è uno stato mentale".Ed anche la semplicità è uno stato mentale ed una straordinaria attitudine che pochi adulti anno, a differenza dei bambini, entusiasti di tutto e contrariati dalla forzata complessità e delle incomprensibili complicazioni del mondo adulto.

(Video youtube: https://www.youtube.com/watch?x-yt-ts=1421914688&x-yt-cl=84503534&v=gDrzKBF6gDU)







lunedì 27 ottobre 2014

Come ci siamo "ridotti"? La complessità nella punta di un dito...

Come lo scafo di una nave attrare i molluschi, così tutti i processi attraggono complicazioni ed integrazioni che vi aggiungono scarso o nessun valore
 Edward De Bono 





La riduzione è uno dei metodi più efficaci per semplificare.
In che modo può aiutarci nella vita di tutti i giorni?
Pensiamo ad uno strumento comune presente nelle nostre case: il rubinetto.
Il miscelatore monocomando, tanto per intenderci quello con una sola leva che funziona a rotazione (in senso orario per l’acqua fredda e antiorario per l’acqua calda) ha sintetizzato le due manopole a vite e le loro funzioni. In questo modo è diventato decisamente più semplice regolare quantità e temperatura del flusso d’acqua con un solo gesto…
Nel mondo della tecnologia, le capacità di calcolo di “mostri giganti” di 27 tonnellate che occupavano 167mq di spazio, oggi si concentrano in piccoli quadrati di metallo e plastica delle dimensioni della punta di un dito.
Il sistema di chip a circuiti integrati ha letteralmente rivoluzionato la nostra esistenza. 
Cosa accadeva prima, quando non esistevano i pc portatili, i tablet, gli smartphone?
Nelle nostre postazioni di lavoro c’era un calendario per ricordarci le date; un’agenda per annotare scadenze, appuntamenti, informazioni importanti, numeri di telefono; un blocchetto di post it per i promemoria; buste per l’invio di lettere; una macchina da scrivere e risme di fogli A4; faldoni per archiviare i documenti; scaffali pieni di testi tecnici, codici, manuali, comunicazioni interne; una calcolatrice.
Oggi un pc consente di archiviare un numero incredibile di dati, compresi video e audio; inviare mail in tempo reale, indicare scadenze, appuntamenti e riunioni ed invitare i partecipanti senza alzare il telefono; comunicare a distanza con i nostri colleghi; scrivere un documento, effettuare calcoli anche molto complessi in pochi istanti, creare database articolati; condividere immagini; leggere testi in formato elettronico.
Steve Jobs, ha applicato il principio di riduzione creando oggetti snelli, leggeri, sottili: un IPad di ultima generazione pesa 469 grammi ed ha uno spessore di 7,5 millimetri…

Il principio di riduzione ci impone di scegliere quali elementi di un sistema meritano di sopravvivere, di selezionare quelle funzionalità che non sono necessarie e possono essere eliminate. 
Quando il processo di riduzione è giunto a conclusione si può ulteriormente semplificare “nascondendo” alcuni degli elementi rimasti: pensiamo ad esempio ad un coltellino svizzero. Quando lo usiamo, è visibile solo una funzione (ad esempio il cavatappi o il seghetto) e tutte le altre sono ripiegate nell’apposita sede. Una porta a scomparsa nasconde l’anta all’interno della parete e fa guadagnare spazi preziosi in una stanza di pochi metri quadri.

Fino a che punto può spingersi la riduzione? 
La soglia minima di tolleranza per un oggetto fisico è rappresentata dalla sua maneggevolezza e funzionalità;
per una procedura il limite è rappresentato dalla sua capacità di far raggiungere lo scopo per cui è nata;
per un messaggio il limite oltre il quale non può spingersi il processo di riduzione è la comprensibilità per il destinatario. 

Qui a SempliCity, siamo convinti che il modo migliore per ottenere semplicità (di un oggetto, di una funzione, di un documento, di una procedura, di un messaggio) sia attraverso una riduzione ponderata degli elementi non necessari rispetto all’obiettivo che si intende perseguire.

Prova a pensare ad una qualsiasi delle attività che svolgi ogni giorno:
è necessario mantenere quel particolare passaggio del documento che stai per redigere?
È possibile eliminare quell’operazione dalla procedura? È necessaria per raggiungere l’obiettivo? Aiuta gli altri soggetti coinvolti nella procedura? Consente all’utente finale di operare?
La mail che stai scrivendo deve contenere per forza così tante parole o può essere ridotta e sintetizzata?
Quali sono le cose indispensabili da dire rispetto a quel particolare destinatario?


Autore: Lorenzo Grasso

(immagine: http://juanmago.com/2010/10/10/la-desigualdad-hidrica-es-natural/)













lunedì 20 ottobre 2014

Anche NOI abbiamo bisogno di semplicità...






"Ora la cosa più importante è il lavoro di squadra. Il che significa: fate tutto quello che vi dico"

Dal Cartoon "Galline in fuga"









Anche un gruppo di lavoro ha bisogno di Semplicità. Un grande musicista jazz, Wynton Marsalis, ha scritto, nel suo libro “Come il Jazz può cambiarti la vita”, “quando un gruppo di persone che lavorano insieme sente qualcosa, si accorge che tutti tendono verso lo stesso fine, che sono risoluti a lavorare in sincronia qualsiasi cosa capiti”. 
Ma il solo feeling non basta. E’ indispensabile l’organizzazione.
Prendiamo ad esempio il personale di cucina di un ristorante. 
Il primo a rendersi conto dell’importanza dell'impostazione del lavoro in cucina fu il grande cuoco francese Auguste Escoffier: fino ai primi del ‘900 il cuoco iniziava e terminava da solo ogni preparazione. Auguste Escoffier introdusse il concetto di “cucina scientifica”: strutturata con metodo e attuata con estrema semplicità. Secondo Escoffier il menù non è un mero elenco di pietanze ma un’armonia di elementi, una “leccorniosa orchestrazione” di pochi ma selezionati cibi. Fu lui ad utilizzare il termine militaresco “brigata di cucina” per indicare il personale di cucina e a definire una struttura per ruoli e mansioni funzionale alla velocità del servizio.

Qui a SempliCity siamo convinti che un'organizzazione semplice e chiara possa aiutare molto un gruppo di lavoro. La “brigata di cucina” lavora in modo efficiente ed efficace perché ha una guida sicura, ruoli ben definiti, poche e nitide mansioni ed un obiettivo chiaro.

Se sei alla guida di un team puoi utilizzare il principio di Semplicità a vantaggio di tutti.

Il padre di un gruppo è un obiettivo chiaramente definito: aiuta le persone a comprendere cosa si suppone che il team faccia e cosa no e perché. Inoltre, canalizza le energie degli individui e ne focalizza l’attenzione. Se non sanno dove andare, possono formarsi differenti obiettivi nella mente e il gruppo può essere “tirato” in diverse direzioni in conflitto tra loro: questo può interferire con il lavoro e generare insoddisfazione nei singoli.  Il custode dell'obiettivo è in primo luogo il leader del team. 

Per passare all’azione, ogni individuo, ha bisogno di sapere quale contributo specifico si vuole che dia al raggiungimento dell’obiettivo: qual è il suo ruolo e quali attività specifiche deve compiere? Ad esempio, in una cucina lo Chef è il responsabile della “brigata”, sceglie i membri, distribuisce i lavori, istruisce il personale di sala etc. Il Secondo Cuoco collabora con lo chef supportandone il lavoro e lo sostituisce quando è assente, fa da tramite fra il capo cuoco e il personale di cucina etc. Gli Chef di partita si occupano ciascuno di un particolare reparto (antipasti, primi, secondi, contorni dolci). L’aiutante di cucina collabora a stretto contatto con lo Chef di partita e si occupa della pulizia e dell’ordine del posto di lavoro. Il lavapiatti si occupa della pulizia di utensili e stoviglie. E poi ci sono le figure di collegamento con i clienti: il Responsabile di Sala e i camerieri.

Infine, sono necessarie norme e procedure per regolare l’azione degli individui all’interno di un team: poche, semplici, inequivocabili. Come si vuole che le persone interagiscano? Per rimanere nella metafora della cucina: come si vuole che vengano preparati i piatti, quali sono tempi e metodi di cottura? In che modo vanno presentate le pietanze? 

Quanti progetti, riunioni, vendite falliscono o subiscono ritardi perché obiettivi, documenti, procedure, regole, sono formulati in modo ambiguo, con un linguaggio incomprensibile e tecnicistico, perché le persone non sanno esattamente cosa ci si aspetta da loro, perché il “Capo Cuoco” non garantisce il rispetto delle regole e dei tempi di realizzazione dell’obiettivo?

Autore: Lorenzo Grasso


(url del video su youtube: https://www.youtube.com/watch?v=492B0nNXLXA)












lunedì 13 ottobre 2014

Il Blues della Semplicità: ovvero come la passione semplifica il lavoro







L’unico modo di fare un ottimo lavoro è amare quello che fai
Steve Jobs







Un carissimo amico, dopo una vacanza in Scozia, ha voluto condividere con me questo video: si tratta di un bluesman in erba, tra i tanti del Fringe Festival di Edimburgo. 

Appare naturale, disinvolto, in uno stato di totale concentrazione: non si accorge di avere gente con gli occhi di fuori che lo guarda, che lo ascolta esterrefatta....
Camminando ancora un po’ il mio amico sente che qualcuno sta cantando benissimo, accompagnandosi con la chitarra acustica, due pezzi a cui è particolarmente affezionato: "Sittin’ on the dock of the bay" e "I heard it through the grapevine". Avvicinandosi si accorge che non aveva la mano destra... ma un moncherino a cui aveva applicato una sorta di plettro... La menomazione fisica non intaccava la bellezza del suono e la profondità del messaggio.
Cosa hanno in comune questi due personaggi?

Qui a SempliCity siamo convinti che la passione sia la conseguenza dell’amore per ciò che si fa e che costituisca, l’energia, il “carburante” necessario per realizzare i propri obiettivi.

Come ha detto Steve Jobs: “L'unico modo di fare un ottimo lavoro è amare quello che fai”.
La passione semplifica il lavoro: è un potente motore che ci guida durante la preparazione e lo studio; non ci fa avvertire la fatica; rende più semplice affrontare le difficoltà che si incontrano durante il cammino; rende sopportabile la disciplina necessaria per tagliare qualsiasi traguardo; aiuta a considerare i fallimenti come insegnamenti; illumina la mente facilitando la ricerca di soluzioni per superare i propri limiti.
La passione si vede ed è contagiosa come un virus: le performance del piccolo bluesman del video e del chitarrista senza una mano ne sono una prova. Hanno talento e sono preparati ma non ci coinvolgerebbero se non avessero passione.

Proviamo ad esplorare la nostra vita e a trovare dove si “annidano” lo spirito, la passione, la motivazione, il “carburante” necessari per l’azione. 
Prendiamo un foglio bianco e annotiamo:
quali sono i nostri ruoli? Ad es. Genitore, Marito, Moglie, Compagno, associato, impiegato, ciclista amatoriale, karateka etc
Per ogni ruolo disegniamo un “contatore” come questo:


Per indicare il grado di passione ed energia che, a nostro avviso, stiamo mettendo in ciascuna di queste aree, segnaliamo il livello di “benzina”, disegnando la lancetta: in riserva, metà serbatoio o pieno?

Ad es:

Ruolo 1
Commerciante/impiegato nel settore... /livello: pieno                                      

Ruolo 2
Genitore di.../livello: 1/2 serbatoio

Ruolo 3
Compagno/marito/moglie di.../livello: 1/2 serbatoio

Quali sono i ruoli in cui appare necessario “fare rifornimento”? 
Rispetto a questi, perché è importante quel particolare ruolo? 
Quale funzione svolge? Chi aiuta e in che modo? 
Cosa ci piace, cosa ci appassiona e ci dà motivazione in quel ruolo? In quali attività e momenti connessi a quel ruolo ci capita di sperimentare lo “stato di totale concentrazione”? 
Come possiamo aumentare gli spazi dedicati a queste attività e aumentare il numero di quei momenti?
Dove possiamo trovare le vostre “stazioni di servizio”? Che tipo di “carburante” ci serve? Quali azioni possiamo intraprendere per raggiungere il livello desiderato? Chi può aiutarci? 
Se il ruolo coinvolge altre persone, provate a confrontarvi con loro, mostrate i vostri "indicatori" e condividete le vostre considerazioni..


lunedì 6 ottobre 2014

La realtà è semplice: è nella nostra mappa


"Vi è un’irriducibile differenza tra il mondo e l’esperienza che ne abbiamo. Noi esseri umani non agiamo direttamente sul mondo. Ciascuno di noi crea una rappresentazione del mondo in cui vive; creiamo cioè una mappa o modello, che usiamo per originare il nostro comportamento.
La nostra rappresentazione del mondo determina in larga misura l’esperienza del mondo che avremo, il modo in cui lo percepiremo, le scelte che ci sembreranno disponibili vivendoci dentro"

Richard Bandler e John Grinder 
La struttura della magia



Richard Bandler e John Grinder, nel loro libro "La struttura della magia" ci dicono che esistono miliardi di mondi, che sono quelli delle rappresentazioni della realtà che ognuno di noi utilizza. Tutti abbiamo una rappresentazione, o mappa, del mondo che deriva dall’esperienza (pensiamo a cosa è traffico per una persona che vive in un paese di 1000 abitanti, rispetto ad un’altra che vive in una metropoli), dalle nostre origini (il gesto OK che facciamo con pollice ed indice chiusi ad anello, in Russia è un’offesa e in Giappone significa “soldi”), dalla nostra stessa fisiologia (Maturana e Varela, nel loro "L’albero della conoscenza" affermano che “Non vediamo lo «spazio» del mondo ma viviamo il nostro campo visivo; non vediamo i «colori» del mondo ma viviamo il nostro spazio cromatico”). Queste ed altri milioni di variabili, fanno di ogni persona un’entità unica.

Qui a SempliCity sappiamo che gli esseri umani sono diversi, portatori di una meravigliosa varietà e pensiamo che riconoscere l’esistenza di diverse mappe è una grande opportunità.
Le nostre mappe influenzano l’esperienza che abbiamo del mondo, ma non sono il mondo (Alfred Korzybski diceva “La mappa non è il territorio”). 

Ciò porta a due considerazioni: 
esistono tante realtà e tutte diverse: quindi chi può dire che la sua realtà è quella “giusta”? Quante volte abbiamo chiesto un parere su un film o su un concerto a diverse persone, che sembravano aver visto due film o due concerti diversi?
- la mappa cambia: abbiamo oggi una percezione del mondo identica a quella che avevamo a 4 o a 12 anni? La vita è un continuo apprendimento e una continua evoluzione.

Cosa fare semplicemente? Cambiare il modo di relazionarsi con punti di vista diversi dal nostro. 
Pensiamo alle normali strategie che si mettono in atto nei confronti di opinioni diverse: evidenziare le differenze; discutere per stabilire chi ha ragione e chi ha torto; giudicare l’interlocutore o quello che esprime. Se si vuole trovare un accordo, un punto d’incontro, queste strategie servono davvero a poco.

Esistono tante mappe della stessa città. La mappa che segnala i monumenti, per fare un esempio, è diversa da quella che indica le fermate della metropolitana; sono due mappe che hanno due finalità diverse, pur rappresentando la medesima realtà. Possiamo dire che una è giusta e l’altra sbagliata? Ha ragione quella che dice che “Colosseo” è un monumento o quella per la quale “Colosseo” è una fermata della metro? Entrambe sono efficaci e utili per le finalità per cui sono state create (individuare luoghi d’interesse l’una e supportare i viaggiatori l’altra). 
Noi esseri umani, analogamente, abbiamo una nostra mappa adatta e funzionale al nostro percorso e ai nostri obiettivi di vita. 

Semplificare e rendere più efficace la comunicazione è possibile, quando si esplora la mappa altrui e la rappresentazione che questa crea del territorio, cioè della realtà. Di fronte a un punto di vista diverso chiediamo al nostro interlocutore come è arrivato a quella conclusione, su quali parametri basa la sua visione, cosa lo ha portato a un certo risultato, etc. 
Comprendere questi aspetti della mappa crea condivisione, soluzioni, scenari alternativi e perché no? ci fa aggiornare la nostra mappa, quella mappa che secondo Bandler e Grinder (vedi citazione all’inizio di questo articolo) contiene le scelte, le possibilità a nostra disposizione.

Autore: Michele Cardone

(immagine http://www.wpclipart.com/money/treasure/treasure_map.png)

lunedì 29 settembre 2014

Un vaso di porcellana rotto e un po’ d’oro per impreziosirlo. Ovvero: come semplificare il rapporto con le proprie ferite

                                                                                                                                                        
"La felicità è benefica per il corpo, ma è il dolore che sviluppa i poteri della mente"
Marcel Proust




Quando i giapponesi riparano un oggetto rotto, valorizzano la crepa riempiendo la spaccatura con dell’oro. Essi credono che quando qualcosa ha subito una ferita ed ha una storia, diventa più bella. Questa tecnica si chiama "Kintsugi" che letteralmente significa "riparare con l'oro". E’appunto una pratica giapponese che consiste nell'utilizzo di oro o argento liquido o lacca con polvere d'oro per la riparazione di oggetti in ceramica (in genere vasellame), usando il prezioso metallo per saldare assieme i frammenti. La tecnica permette di ottenere degli oggetti preziosi sia dal punto di vista economico (per via della presenza di metalli preziosi) sia da quello artistico: ogni ceramica riparata presenta un diverso intreccio di linee dorate unico ed ovviamente irripetibile per via della casualità con cui la ceramica può frantumarsi. La pratica nasce dall'idea che dall'imperfezione e da una ferita possa nascere una forma ancora maggiore di perfezione estetica e interiore.

Qui a SempliCity pensiamo che ogni momento della vita sia prezioso ed utile perché fondamentale per crescere e migliorare. La rottura di un vaso di valore caduto a terra può essere considerata una grossa perdita oppure diventare l’occasione per creare qualcosa di ancora più prezioso. 

Così è nella vita. Si può considerare la perdita di un amore, un fallimento personale, il furto di un oggetto, la perdita del lavoro, la morte di una persona cara, come ferite, come fratture insanabili oppure considerarle come opportunità per rafforzare se stessi, per maturare, per ottenere una posizione migliore, per chiarire le proprie idee etc. Possiamo letteralmente riempire d’oro la nostra ferita per rendere «preziosa» la nostra esperienza.

Prova a immaginare un’esperienza recente in cui ti sei sentito frustrato, addolorato, perso, in cui insomma hai avvertito un forte senso di perdita…Meglio ancora se riesci ad appuntarlo su un foglio bianco. Ora prova ad osservarlo come se fosse un vaso rotto.
Osserva il "vaso": riesci ad individuare esattamente cosa rappresentava per te la persona persa, l’oggetto rubato, la posizione perduta? In che modo hanno arricchito la tua vita? 
Osserva la «crepa»: riesci ad identificare esattamente in che modo è cambiato il tuo percorso di vita? Qual è la tua percezione di questa «incrinatura»? 
Prova ad esplorare le alternative di «lettura» dell’evento: in che modo sta contribuendo alla tua crescita? Cosa hai imparato da questo evento? Quali nuove opportunità si aprono nella tua vita? In che modo questa nuova interpretazione può aiutarti a raggiungere i tuoi obiettivi? Certamente la crepa, la ferita, la frattura, non scompaiono ma vengono valorizzate semplicemente spostando il focus dalla perdita alla sua trasformazione in parte di un percorso più ampio di crescita e miglioramento.
Uno strumento semplice come una metafora ci ha aiutato ad esplorare un metodo che non ha la pretesa di rappresentare una soluzione universale. È una proposta. Se vuoi, sperimenta, prova ad osservare i tuoi «vasi rotti», a lavorarli, restaurarli, ricomporli, rinnovandoli ed arricchendoli, trasformali in cose nuove e più preziose… 

Autore: Lorenzo Grasso


(immagine: http://elinepal.files.wordpress.com/2013/09/kintsugi.jpg)

Cos'è la Semplicità?

                                                          

«Non esiste alcuna giustificazione convincente per mantenere complesse cose che potrebbero essere semplici»  
Edward De Bono









"Semplicità" ha origine dal termine latino "Simplex" , composto dall'avverbio sine, senza, e dal verbo plectere, piegare. L'aggettivo "Semplice" connota qualcosa che non avendo pieghe, costituisce una unità comprensibile, immediata, chiara.
Ho sempre ritenuto la Semplicità un tema affascinante e ho scoperto quanto può essere utile come strumento pratico per assumere decisioni, strutturare progetti, affrontare criticità, accogliere la bellezza della vita.

Non credo che esista un conflitto tra Semplicità e Complessità. 
Il termine "complesso" deriva dal latino: "cum plectere", intrecciare, concatenare: indica qualcosa che è composto di più parti collegate tra loro e dipendenti una dall’altra. 
La natura, gli esseri umani sono sistemi complessi; le società stanno diventando sempre più complesse, l'economia, la finanza, il mondo del lavoro, le reti artificiali come il web, le nuove tecnologie, le informazioni, i nuclei urbani, sono fenomeni complessi. 
La Complessità in alcuni casi è necessaria: il funzionamento di un organismo vivente, in effetti, è possibile proprio grazie alla concatenazione e interazione tra diversi elementi, cellule, organi, apparati. In altri casi è addirittura espressione di bellezza: l'"origami"ad esempio, l'arte nipponica di "piegare la carta" (折り紙 o-ri-gami, termine derivato dal giapponese, ori piegare e kami carta), attraverso una sapiente combinazione d piegature dà vita a modelli straordinari come il cigno dell'immagine.
Queste forme così complesse, cominciano, in genere, da un foglio quadrato, che non è altro che un'unità più semplice, proprio come un organismo inizia da una singola cellula.

Qui a SempliCity crediamo che la Semplicità sia un punto di partenza, un principio utile per comprendere ogni fenomeno: ad esempio, l'approccio scientifico analizza la parte e approfondisce le sue interazioni con il tutto (un neurone con altri neuroni e con il sistema nervoso, con i diversi apparati e con l'intero organismo); un criterio per strutturare progetti in modo efficace: i coach sanno bene che per realizzare un obiettivo è necessario formularlo in modo semplice e comprensibile, costruire passo dopo passo un piano di lavoro che preveda tempi specifici; uno strumento di lettura della realtà: ad esempio, possiamo osservare un fiore in modo "scientifico", analizzandone tutte le componenti al microscopio, oppure semplicemente goderne senza filtri la gradevolezza estetica, il colore, la fragranza; una strategia per risolvere i problemi: posso, ad esempio, affrontare la ricerca di un lavoro in modo caotico oppure scomporre il processo in piccole parti più facilmente controllabili, prima definendo l'area che mi interessa, poi le aziende che operano nel settore, poi l'area geografica in cui desidero lavorare e così via; un'alternativa alle molteplici "complicazioni" forzate della vita di tutti i giorni: ad esempio, una procedura, una norma, una comunicazione, incomprensibili o strutturate senza tener conto del destinatario e degli aspetti operativi.

In molti casi, come detto, la Complessità è importante e necessaria. 
In altri, la "complicazione", il creare "pieghe" laddove non sono necessarie, rappresenta una "forzatura" non giustificata.
In ogni caso, la Semplicità è una scelta di vita.

SempliCity è nata  per mettere in pratica la Semplicità e dare un contributo a chiunque abbia voglia di varcare la soglia di questa "Città" virtuale, anche solo per una breve sosta, prima di riprendere il viaggio...

Autore: Lorenzo Grasso 

(immagine:http://www.manuelmarangoni.it/onemind/3162/origami-origini-e-tutorial-per-imparare-a-farli/)